Dialogo Familiare

CARRAFELLI DOTT.SSA PATRIZIA
Psicologa e psicoterapeuta familiare, individuale e di coppia

Dott.ssa Carrafelli

SAPER ESPRIMERE LE EMOZIONI

Come sviluppare l’empatia per migliorare le relazioni

 

Come sviluppare l’empatia per migliorare le relazioni 

Attraverso la psicoterapia è possibile migliorare l’empatia, ossia la capacità di “mettersi nei panni dell’altro” e sentire ciò che prova.

Sia nella famiglia che nella coppia l’espressione delle emozioni è un aspetto vitale della comunicazione. Per questo devono essere chiare le regole, i ruoli e i messaggi e le aspettative nei confronti dei nostri partner o familiari.

In periodi critici, come, separazioni, nascita di un figlio, perdita del lavoro, lutti, ecc . può risultare particolarmente di difficile essere empatici e comprendere le emozioni dell’altro.

Per questo la psicoterapia assolve la funzione di riattivare una comunicazione efficace e aiuta a saper:

  • ricorrere ai veicoli della comunicazione non verbale
  • riconoscere i bisogni del familiare o del partner
  • mostrare di aver compreso il problema dell’altro

 

L’obiettivo della psicoterapia  è quello di individuare i punti di debolezza del proprio stile comunicativo e di modificare ciò che produce frustrazione e conflitto.

 

Spiegare l'empatia arrteverso una favola

“Il Piccolo Principe” è una favola dedicata alle persone “grandi”, capaci di creare legami empatici con la stessa sensibilità dei bambini. “ Tutti i grandi sono stati bambini una volta (ma pochi di essi se ne ricordano) ” (A. de Saint-exupèry, 2001).

L'incontro tra la volpe del deserto ed il Principe venuto da una stella è una metafora della gradualità necessaria nell'avvicinarsi a chi, sia pure ritroso, desidera che qualcuno lo raggiunga. La volpe della favola desidera, infatti, che il Principe l'addomestichi, e addomesticare, lei dice, significa " creare dei legami ".. cosa che da tempo gli uomini hanno dimenticato ”.

Nel lavoro psicoterapeutico è facile far “'scappare” i pazienti, è quindi necessario un avvicinamento graduale, come suggerisce la volpe stessa al Principe e questi deve accontentarsi all'inizio di guardarla da lontano, senza parlare, “ perché le parole, spesso, sono fonte di malintesi… Successivamente ci si potrà avvicinare ogni giorno un po' di più, ma sempre alla stessa ora, e quell'ora sarà importante e diversa da tutte le altre” A. de Saint-exupèry (cit. da A. Scalise,1993).

1. Il percorso evolutivo dell’empatia

Gli psicologi dello sviluppo evidenziano come l’empatia sia una capacità che si acquisisce lungo il percorso evolutivo, anche se i bambini provano sentimenti di sofferenza simpatica prima di rendersi conto della propria esistenza come entità separata dalle altre. A pochi mesi dalla nascita i bambini reagiscono al turbamento altrui come ad un turbamento proprio, ad esempio piangendo alla vista delle lacrime in un altro. Intorno ad un anno i bambini imitano fisicamente la sofferenza altrui, questo fenomeno si chiama mimetismo motorio ed è il significato originale della parola empatia, che venne usato negli anni venti da Tichener. Il mimetismo motorio sparisce intorno ai due anni e mezzo quando il bambino capisce che il dolore altrui è diverso da quello proprio e compare l'empatia (Bonino S., 1998).

Il bambino apprende che le sue emozioni incontrano l’empatia dell’altro, sono accettate e ricambiate in un processo che Stern (1987) chiama sintonizzazione. Attraverso la sintonizzazione le mamme comunicano ai bambini di percepire i loro sentimenti ed il bambino riceve la sensazione di essere emotivamente collegato alla madre. Stern sostiene che facendo riferimento ai momenti di sintonizzazione il bambino comincia a sviluppare la percezione che gli altri possano e vogliano condividere i suoi sentimenti, ciò avviene intorno agli otto mesi quando comincia a capire di essere un’entità separata. Nella prolungata assenza di sintonia, e quando un genitore non riesce a mostrare mai alcuna empatia con una particolare gamma di emozioni, il bambino smette di esprimerle e forse anche di provarle.

Nella teoria dell'attaccamento Bowlby (1988) ha concettualizzato il bisogno di sicurezza, che conduce l'individuo a ricercare la vicinanza con un altro individuo ritenuto più forte nei momenti di vulnerabilità.

Il terapeuta deve fornire la base sicura, che offre protezione e da cui l'individuo può partire per esplorare sé e il mondo.

L'acquisizione dell'empatia è risultata correlata all'aver sperimentato nella prima infanzia un attaccamento "sicuro". Nel rapporto di attaccamento sicuro il bambino può contemplare tranquillamente la mente del caregiver e trovarvi una rappresentazione di se come entità mentale, dotata di sentimenti, pensieri e intenzioni, cosa che lo aiuterà a capire gli stati mentali (Mikulincer-M, Gillath-O, Halevy-V, Avihou-N, Avidan-S, Eshkoli-N, 2201).

Bisogna tener presente che se le capacità interpersonali non sono bilanciate da una acuta percezione delle proprie esigenze si rischia di diventare una sorta di camaleonti sociali come il folle personaggio Zelig di Woody Allen (Bonino S., 1998).

Kohut ha sottolineato la funzione dell'empatia nel creare legami tra le persone. Il bambino si sviluppa e si costituisce come individualità psicologica soltanto se le figure di accudimento compartecipano e confermano ciò che egli vive e sperimenta nella propria interiorità. La soggettività umana esiste e si sviluppa soltanto all'interno di una relazione di conferma empatica (Greenberg R., Mitchell A., 1983).

Molte teorie psicoanalitiche ritengono che la relazione terapeutica fornisca un correttivo emozionale, un’esperienza riparatrice di sintonizzazione. Il rispecchiamento è il termine usato da alcuni teorici psicoanalitici, si riferisce al terapeuta che riflette al cliente la comprensione del suo stato interiore come fa una madre con il figlio.

"Non si vede bene che col cuore! L'essenziale è invisibile agli occhi...così si conosce profondamente”

(Da “Il Piccolo Principe” , A. de Saint-Exupéry)

L’empatia nella psicoterapia familiare e nella psicoanalisi

Nell'ambito della terapia familiare sistemica si è verificato negli ultimi anni un vivace dibattito relativo ai legami con altre teorie. Il concetto di empatia ha determinato la contrapposizione tra il modello sistemico e la psicoanalisi che si è tradotto in una contrapposizione individuo-famiglia.A tal proposito Maturana parlava di " flusso emozionale " riferendosi alle emozioni, sensazioni, bisogni, aspettative, eventi non osservabili nelle relazioni il più delle volte non espressi verbalmente.

Jervis fa notare come per il gruppo di Palo Alto, l'interiorità soggettiva non esisteva, ciò che importava era solo il comportamento comunicativo e le ipotesi che ciascuno manifestava sul comportamento altrui.Haley sosteneva che il terapeuta familiare è come un meccanico al quale non importa il funzionamento di una macchina, l'importante è che sappia ripararla (A. Scalise, 1991).

Ben presto questa prima cibernetica è entrata in crisi, vista l'impossibilità della neutralità dell'osservatore come ha dimostrato il dibattito epistemologico. Si è passati così ad una seconda cibernetica che include il ruolo dell'osservatore nella costruzione o trasformazione della realtà osservata.

E' interessante notare come queste posizioni comportano un cambiamento nei confronti della psicoanalisi non più vista come nemico da combattere, ma come strumento che attraverso la consapevolezza di sé, secondo Maturana, provoca cambiamenti “strutturali".

Analoghi cambiamenti si sono verificati nell'ambito della teoria psicoanalitica classica che viene profondamente rivisitata, ponendo il funzionamento della famiglia come modello nell'acquisizione della identità personale, in quanto come " sistema interiorizzato di relazioni " secondo l'espressione di Laing, " la famiglia è presente dentro ognuno dei suoi membri " (A. Scalise, 1991)

Per quanto riguarda l'applicazione clinica, si è passati anche in ambito analitico a orientamenti che prendono in considerazione l'influenza diretta dell'osservatore e riconoscono l'importanza del coinvolgimento empatico del terapeuta. In questa ottica, la relazione terapeutica utilizza come strumento di conoscenza e di cura l'empatia, intesa come condizione intrapsichica e relazionale privilegiata, che pone in contatto due esseri umani.

La comprensione empatica dell'altro ha già una funzione terapeutica, in quanto lo stato emotivo comunicato è contenuto in chi lo riceve e viene così ad acquistare una dimensione paragonabile alla Holding di Winnicott (Greenberg R., Mitchell A., 1983). Le persone, afferma Withaker, non possono esplicitare le loro sofferenze se non possono contare su un clima caldo e affettuoso che li tenga insieme.

Come sostiene Withaker, il maternage terapeutico fornisce l'anestesia necessaria al cambiamento. Questo è garantito da un terapeuta sufficientemente coeso, che possiede adeguati strumenti terapeutici e che non usa la famiglia per soddisfare i propri primitivi bisogni. In caso contrario verrà trascinato nel groviglio dei legami fusionali e controreagirà alle proiezioni che la famiglia gli manda addosso. Dipenderà allora dalla capacità empatica del terapeuta consentire a queste primitive richieste di evolvere gradualmente verso una posizione di relazioni Sé-oggetti-Sé più matura che si manterrà fino alla conclusione della terapia (Pancheri L., Paparo, F., 2000).

L'evoluzione, che caratterizza la vita psicologica normale, deve essere vista non nell'abbandono da parte del Sé dei suoi oggetti-Sé, ma nella maturazione di questi rapporti che, dalla nascita alla morte, costituiranno il sostegno della vita psicologica (A. Scalise,1991).

Giannoni (1999) compie un tentativo di collocare sia la Psicologia del Sé sia la Psicologia Analitica nell’ambito di quelle che Dilthey aveva chiamato “scienze umane” le quali utilizzano come modalità conoscitiva la comprensione empatica “dal di dentro”.

Jung da una definizione di empatia completamente differente da come la intendeva Kohut. Secondo la definizione data da Jung dell’empatia, io empatizzo aspetti inconsci di me stesso proiettati sull'altro. Per Kohut, invece, io conosco realmente la vita interiore dell'altro. E’ necessario non limitarsi alla definizione “letterale” junghiana di empatia per andare a cogliere quegli atteggiamenti psicoterapeutici definiti come il “comprendere psicoanalitico” che permettono un dialogo con l’opera di Kohut. Anche altre teorie psicoanalitiche si oppongono alla teoria pulsionale e convergono sul tema relazionale, e sono psicoterapie che si basano su un agire empatico introspettivo e che dunque condividono implicitamente la rivoluzione epistemologica operata da Kohut (M., Giannoni,1999).

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